Frizzante con Brio


Le parole con cui siamo cresciuti,
I dialetti dei nostri luoghi.
A casa mia non si parlava dialetto,
ma a casa dei nonni, si.
Cosi’, anche se non lo so scrivere (senza accenti soprattutto), qualche termine, senza volerlo, mi e’ rimasto dentro…

Fast forward di un ventennio, nel mondo degli expat che arrivano da diverse parti dello Stivale
tendiamo a parlare un comune itenglish, senza nemmeno accorgercene.
Qui si coniano termini tutti nostri, perché 15, 16 anni vissuti abroad fanno si che certe parole le hai imparate direttamente in loco. Alias, a cup of cake – certe volte non saprei proprio come dire in italiano.

Ma quando meno me l’aspetto, ecco – la mia anima bambina torna.
Siamo in una giornata di fancazzismo totale, dove lo sport piu’ estremo e’ stato quello di cacciare due mosconi fuori dalla mia finestra. Ci sono dieci gradi, ho un gatto e pure i ragni – che stanno qui a fare?
Siamo in un giorno di fancazzismo totale, con madre natura che rompe i cosiddetti – nei suoi infiniti puntuali modi.
Vedo Luca pacificatamante appisolato sul mio divano dopo che non abbiamo fatto altro che mangiare.
Abbiamo persino fatto e finito il tiramisu’ in meno di ventiquattrore. Poi io ci ho aggiunto patatine, brioche, e Haribo che bonta’ la si gusta ad ogni eta’ (rubate a mio figlio – shhh).
Luca ormai e’ abituato a questi miei esilaranti attacchi di fame causati dalla bellezza d’essere donna ‘se madre natura rompe le scatole – non c’e’ altro rimedio che distruggersi di zuccheri’ (che culo), mi difendo..
Ci prova pure a sgridarmi, ma credo ormai si sia arreso.
Per fortuna non mi vede ora mentre mi accingo ad addentare il secondo blueberry muffin della giornata.

E siccome pure lui ha mangiato troppo, eccolo li. Accoccolato col gatto sornione. Con me, che ferma non so stare, davanti. Mi viene da dire “muovetevi voi due – e qui comando io, e questa e’ casa mia – comoda la vita”.
Perche’ puoi levare un Brianzolo dalla Brianza, puoi metterlo in posti che favoriscano un certo rilassamento e l’illusione di stare migliorando col tempo, ma non puoi levargli fino in fondo l’istinto de ‘sta mia coi man in man’. La soglia che persino l’emigrato brianzolo non supera. Quel nagging interno fastidioso del dovere fare qualcosa. Rilassarsi? Una perdita di tempo. Il tempo e’ denaro, bagai.
Non lo sconfiggo, allora mi metto le scarpe ed esco – camminare mi fara’ bene. Vado a prendere un francobollo, una busta perche’ mi servivano e assolutamente non potevo aspettare la mattina dopo.
Torno e loro sono ancora li’, meravigliosi, da fare invidia a qualunque essere combattente col proprio gene frenetico come me.
Ovviamente la mia prima reazione non e’ pensare ‘che bello, ora mi svacco anche io’ – cosa che sarebbe estremamente saggia. No, io devo necessariamente battere le mani come un forsennato spettatore a una standing ovation e esclamare
“su, su un po’ di vicioria”.
Gatto non fa una piega, Luca mi guarda come se avessi parlato cinese. Crede io abbia coniato un nuovo termine.
Gli giuro che e’ una parola che esiste, e mi avvalgo di internet per avvalorare la mia tesi – ma il mio google con stampo anglofono mi corregge tutto in Victoria. Per fortuna il suo google non e’ campanilistico, e ci trova questo poema

anca Elisabeta la gh’avarà un fiöl, Giuàn, che’l prepararà la sò mision nel mund d’i omi pien de vicioria e de dasü…

To be continued
Perche’ di vicioria, ora, proprio non ne possiedo.

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Punto. Grande.

Il gatto e’ rotto.
Dopo un ultrasound che ci ha svelato il nulla (“non ha niente di grave, ma non capiamo esattamente cosa lo faccia stare male, dobbiamo andare per eliminazione”) e’ a dieta.
Solo cibo gastrintenstinale spacciato come zafferano dai veterinari.

La macchina e’ rotta.
Ha deciso che voleva andare in pensione in mezzo al traffico e si e’ fermata (“pam, patapumum, pluf, e io mi blocco qui”.)

Il portafoglio e’ rotto,
tra la vet bill e il preventivo del meccanico ha bloccato la zip (“questa carta di debito da qui non deve proprio piu’ uscire”).

Io e mio figlio siamo interi, vivi, e molto molto fortunati.
L’Universo funziona.
E chiusa una porta si apre un portone.
Non dimenticatevelo mai.

That’s Amore

When the moon hits you eye like a big pizza pie
That’s amore 
When the world seems to shine like you’ve had too much wine
That’s amore

Colonna sonora attuale:
Vieni a vivere con me, sai quante cose potremmo fare?
Parlare un’ora del colore
Per ridipingere il soffitto

(edeciderechenoncipiaccionoglistessiquadri)
Potremmo essere felici fare un mucchio di peccati
Potremmo essere felici e a volte un po’ disperati
Potremmo dirci certe cose da fare accapponare la pelle
Potremmo fare certe cose che ci fucilano alle spalle

Youtube passa la voce di un ragazzo Bolognese, che parte con la moto usata (ma tenuta bene), per scappare dalla sua citta’ senza pieta’ e arriva fino al mare mostrando il suo fisico bestiale alle ragazze che si abbronzano, e sono margherite e aiuole e viole da non calpestare (ricordatevelo gente).

Come il giovane Luca, anche io so che non si puo’ generalizzare, per questo (se) sto sotto al tuo portone cerco il(un) cognome per suonare. Perche’ le CCCE che vogliono un po’ tenere il piede in due scarpe (o simbolicamente in due indirizzi) secondo me non sono viole ma un po’ prezzemoline (non me ne vogliano troppo, eh, ma orsu’, un po’ di buon sano femminismo … libertà’ avete voluto, libere provate a diventare, anche nella burocrazia.)

Youtube mi ricorda che di quel giovane ragazzo Bolognese, io non so piu’ nulla.
Ok, direte voi, chiedi a Google.
Non mi interessa particolarmente.
Mi colpisce invece ritrovarmi una canzone di 19 anni fa (davvero vecchie siamo), intanto che lavoro, e canticchiarne, ricordandomelo, il ritornello.

Ma l’amore che cos’è?
Bravo chi lo sa capire.
Ma l’amore che cos’è?
Nessuno ce lo può spiegare.
Ma l’amore cosa fa?
Può farci tutto ma non del male.

Bravo Carboni: e’ da infiniti secoli che l’amore ci porta a cantare, dipingere, scrivere, creare.
Ed e’ perche’ davvero non lo possiamo definire, intrappolare ma abbiamo l’eterna ambizione di catturarlo in qualche modo.
Non ci si riesce mai davvero.

Ma l’amore che cos’e’?
Nel dibattito tra me e l’amica, io continuo a rispondere “non lo so”, ma in fondo, mi va benissimo cosi’.

Una cosa pero’ la so: so che, mentre e’, non fa davvero del male.
Se diventa ‘male’ e’ perche’ ci entrano dentro ego, orgoglio, possessivita’, paura, controllo, e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Una cosa lontana secoli dall’amor puro.

Dunque secondo me aveva ragione Carboni.
Ma anche Dean Martin.

When the stars make you drool just like a pasta e fasul.
That’s amore
.

Perche’ da sempre si sa, che quel nodino che senti in pancia sono definitivamente farfalle. Su un piatto, conditte con salmone e panna. Perche’ non c’e’ gesto piu’ nobile d’amore di nutrire e nurtrirsi, in tutti i sensi.





Buongiorno

Ogni dialetto ha le sue sfumature speciali.

Ma ricevere un Buongiorno o un Buonanotte nella propria lingua madre, a volte, scalda piu’ di una tazza di cappuccino vero, rigorosamente bevuto la mattina soltanto.
(Io ormai ho preso tutte le abitudini local e perso tutto il galateo del caffe’ – alias faccio schifo e lo bevo ovunque e comunque).
La mattina, per colazione, accanto a una brioche alla crema appena sfornata.

Meno di due mesi al ritorno.

A coffee for the road

“Sarà sarà l’aurora
Per me sarà così
Come uscire fuori
Come respirare un’aria nuova
Sempre di più

Sarà sarà l’aurora
Per me sarà così
Sarà sarà di più ancora
Tutto il chiaro che farà”

Non per essere spocchiosa, che e’ un duro lavoro fatto anche di tante capocciate ai muri e nocche sanguinanti, ma sono sempre piu’ fiera della persona che sto diventando.

“Tutto ciò che ti succede non succede A te, ma succede PER te” mi ricorda un’amica che passo a trovare mentre lavora tra creme, oli e profumi.

Tutti coloro che “ci succedono”, non sono sulla nostra strada per caso – penso.
E allora guardo lei e vedo me, osservo fili che si intrecciano, noto (come se stessi guardando un film in cui la protagonista non sono io) me con questa torta in mano, appena comprata al mercato, che sto per portare a cena da un amico che entrambe conosciamo.

Come ci siamo conosciuti?
Forse abitando nel posto piu’ bello in cui io abbia mai vissuto.
E che sento sempre un po’ come casa ogni volta che ci arrivo, giro la curva, e vedo il mare.
Chissa’ – forse un giorno li tornero’ a dimorare.
Ma credo ci saremmo incontrati comunque.

“(gli incontri) fanno giri immensi e poi ritornano”

Ero in un locale, una roba tipo 11 anni fa.
C’erano dei quadri appesi.
Io dico alla proprietaria ‘che belli …. ma e’ Kinsale?’
Lei ‘ si, li dipinge un mio amico che ci abita. Anche tu stai li vero? Aspetta, ti do il numero….’

Ora sono appesi alle pareti di questa casa, dove sto io, davanti a una stufa caldissima (che bello il fuoco).
Non ci siamo visti per anni, e ora ci troviamo ‘d’improvviso’ genitori single, qui a parlare di noi, di CCCE, figli da crescere, app che offrono per lo piu’ one night stand, amori “lontani” complicati e bellissimi, karma.
Gli dico di avere appena visto la bionda – guarda un po’ il Reiki che connessioni ci mette davanti.
Tutti e tre in diverse fasi del percorso, del nostro percorso con l’energia. Proviamo a trovarci per uno scambio. Pensiamoci. Guardo le pareti piene di mare e colori ad olio, e mi dico che dovrei tornare a disegnare
Chissa’… ci accomunano forse molte piu’ cose di quelle che crediamo..

Saranno stati dieci anni fa.
Ero su un sito di “expat”.
Il marito mi scrive per chiedermi informazioni, sta valutando con la sua famiglia di trasferirsi dallo Stivale al posto Isolano in cui vivo. Mi manda una foto del suo matrimonio ‘questa e’ mia moglie’.
Una donna bellissima, con un sacco di luce attorno.
Ci teniamo in contatto.
Un giorno, “per caso” abbiamo lo stesso volo Milano – Cork, e ci troviamo in aeroporto..
Era la prima volta che ci vedevamo. Lei si presenta e mi sorride. E io so che un caso non era.

All’alba di questo nuovo inizio,
in questo giorno cosi speciale,
voglio ringraziare di nuovo Signora Vita,
non smettero’ mai di farlo.
Per tutte le belle persone che mi ritrovo accanto, sempre.
Non so spiegare quanto mi riempia il cuore.

In questo giorno cosi speciale,
in questa Aurora,
il sentirmi cosi piena per un dono cosi grande e’ una cosa che voglio continuare a portarmi dietro.
In questa Alba, a questo Universo,
GRAZIE.

Buon Inizio!

Viva L’Italia, viva il mondo.

“Mamma, sto ascoltando questi che cantano in inglese, ma sembrano Italiani – pero’ MI PIACCIONO, sai chi sono?”
“Si chiamano Maneskin (bravo figliolo allontanati dal tunz tunz che mi rendi fiera) – il cantante si chiama Damiano, e si, sono Italiani”.
Sto ancora cercando di capire la sua concezione di “sembra italiano”.

“Mamma mi porti a Venezia?”
“Lo sai che sta in Italia, e non e’ nemmeno troppo lontana da casa del nonno. E’ la mia citta’ preferita, ci sono stata un sacco di volte”.
Ci pensa su, ma e’ troppo curioso – grazie anche a “Spider Man: Far From Home”. Grazie Marvel.

“Mamma, le Ninja Turtles si chiamano Raphael, Donatello and Michelangelo – che nomi strani”. (Raphael soprattutto).
“Non sono nomi strani, sono nomi di famosi artisti Italiani.”
“Non ci credo!”
Strano non l’abbia immediatamente verificato con Alexa o Siri.
Se Raffaello potesse avere un profilo TikTok decisamente sarei a cavallo. Ma anche l’ormai anziano Google aiuta.
E vedi questo che smanetta sullo schermo con me davanti “voglio guardare” e finisce su una foto di “una bellissima chiesa con un bel buco nel soffitto”. Esterrefatto.

Io non posso che gongolarmi: quello e’ pure uno dei luoghi a me piu’ ‘sacri’, dopo il filosofo incappucciato (e ovviamente le fontane in cui ancora non ho fatto il bagno). Luoghi che mi sembrano essere diventati ormai paradossalmente quasi un po’ ‘lontani’, perche’ cosi vicini. Tipo tutti i posti che hai dietro l’angolo e dunque finisci per vedere sempre meno – tanto stan li.
Dal vangelo secondo Luca “i posti da turisti”.
Dal vangelo secondo il mio portafoglio: “uno scam mascherato”.
Voglio andare a vedere una chiesetta, che sta su un colle, ma c’e’ un cancello che mi blocca. Fa parte di un parco archeologico. Oh toh – per entrare devo fare un biglietto, che costa proprio due lire e si puo’ solo prenotare online con tanto di costo aggiuntivo per la transazione elettronica. Costa due lire perche’ include l’accesso ad altre attrazioni accanto. Prendi 3 paghi 3, prendi 1 fatti tuoi, paghi sempre 3. Puoi lamentarti? Sei cretina te, se non ne approfitti per andare ovunque.
Dal vangelo secondo Luca “i biglietti da turisti”.
I biglietti “discount” da cittadini che pagano le tasse, parte delle quali vanno al Comune per tenere in piedi tutta sta bellezza non li vogliono concedere. Sia mai che gia’ graziati di tutta sta meraviglia accanto, non ci possano pure passeggiare a un prezzo piu’ modico con le famiglie tornandoci ogni domenica. Fortunati noi forestieri – almeno non abbiamo il cruccio.

Mentre viaggio mentalmente tra i miei luoghi di contemplazione, mio figlio ha gia’ scovato luoghi di interesse altri: immagini della “bocca di pietra che non parla ma sa tutto” e del “teatro dove combattevano i gladiatori”.
Queste cose le ha gia’ viste solo in foto, e frequentemente nella pizzeria del paesello Isolano, accanto a una statua di un Bacco ciccionissimo che ogni volta che ci passiamo scatena un “ma perche’ c’e’ bisogno di un dio del vino???”.
La mia amica cuoca Michelin ha gia’ dovuto passare l’indignazione nel sapere che al figlio non hanno insegnato a scuola le basi delle civiltà’ antiche.
Ok, siamo troppo vicini al Vallo di Adriano….ma anche dall’Italia le Piramidi sono altrettanto lontane, eppure eppure. Tocca a noi fare quello che possiamo, a me, che odiavo storia a scuola ma ne riconosco l’estrema importanza.
“Voglio vedere tutto, e’ tutto vero?”
“E’ tutto verissimo, prima o poi ti ci porto.”
Ti ci porto schiacciando la mia vena Brianzola, dappertutto, con tutti i biglietti da turista possibili, mentre mangi un gelato con la panna (cosa che a casa del nonno non si fa). Ti ci porto nella speranza che tu capisca (anche e davvero) che siamo tutti uguali, non importa da dove veniamo. E con te vorrei fare altre mille viaggi.

[Bottom line: io un figlio razzista non lo voglio, e tantomeno razzista contro le sue origini.
Sto tentando in tutti i modi di fargli capire ciò che e’ importante. Ma l’altra campana, a sua detta, l’ha quasi convinto che il suo 50% di sangue isolano e’ migliore dell’altra meta’. Immagino non rifletta sul fatto che non fa un torto a me, ma alla crescita del suo figliolo.
E al figliolo non serve avere il giro di amici ‘meticci’ (tanti), e non sempre funzionano i miei discorsi…
Se poi pure a scuola gli insegnano le guerre mondiali con “cattivi e buoni” (e indovinate di che nazione erano i cattivi?) siamo a cavallo. Come si fa? Se non fosse che sarebbe fare un enorme torto al figliolo, sarebbe quasi da portarlo via da qui per un po’….].

Ti porto fuori di qui, e ti porto ovunque – perche’ solo con una mente aperta puoi davvero farti le tue idee e crescere per bene.
E sicuramente ti porto a Venezia.
Perche’ “Venezia e’ un pesce” (libro carinissimo). Meraviglioso. Anche senza Spiderman.



Autunno

October
And kingdoms rise
And kingdoms fall
But you go on
And on
(“October – U2”)



L’Autunno, e in particolare, “da buona strega”, tutto il tempo che ruota attorno a Samhain ha su di me un effetto a dir poco magico.
E’ la veglia dei nuovi inizi.
Il ritrovo di molti mondi.
Il giorno piu’ evidente per ricordarmi ogni anno che non c’e’ luce senza buio e non c’e’ buio senza luce.
Il centrarsi e allo stesso tempo lasciarsi viaggiare in multidimensione all’ennesima potenza.
La connessione con la terra (e il tutto) mentre scavo le sue zucche.
L’allegria del vedere come le case si addobbano, i lumini si accendono, i bambini giocano a fare trick or treat e si aspettano dolci, mentre io aspetto qualcosa di intangibile. Come in un portale.
Sento Halloween molto piu’ mio di qualsiasi Natale.
Toglietemi tutto, ma non il mio 31 Ottobre.
Che vale duemila volte di piu’ persino di un 31 Dicembre.

Siamo pronti?
Fatta la lista delle cose da lasciarsi indietro?
Buon (ri)nizio a tutti!!!!

La casa del bachelor

Senza una donna
Come siamo lontani
Senza una donna
Sto bene anche domani

Al momento trucco e parrucco pre-aperitivo cerchi di posare un po’ di matita nell’ interno occhi, sbavando perche’ il vapore della doccia fa salire la nebbia agli irti colli pure nello specchio.
Che ti manchi qualche diottria e’ risaputo, ma non hai intenzione di peggiorare accecandoti appositamente con una punta di kajal.
Al momento della vestizione fai ambarabaccicicco’ tra gonna skater nera e gonna tubino zebrato, e non ti capaciti di come tu non riesca a decidere se abbinarci il girocollo bianco o il maglioncino aperto. Cosa c’e’ stasera di sbagliato?
Rifletti, con le forcine in testa che, attirando elettricita’, ti fanno accendere la lampadina: ti stai semplicemente guardando dall’alto in basso, dal petto in giu’, ingobbita. Persino la piu’ scapestrata delle indossatrici sa che per riuscire col fashion bisogna guardarsi a figura intera, senza dover incontrare il proprio naso come primo assoluto panorama.
Posi il mascara che ti e’ rimasto in mano, ti pungi con una forcina che si e’ sfilata mentre cambiavi il lupetto per la cinquantesima volta, imprechi perche’ il boccolo mai ti stara’ senza un po’ di quella schiuma che non troverai di certo li’ in qualche armadietto (altro motivo per cui sarebbe bello e utile, semmai, andare a convivere con uno come Renga).
Mentre passi un filo di lucidalabbra leggero, senza vedere che sagoma stia disegnando pensi:
“Per fortuna che tanto e’ trasparente …. Ma lei come cavolo faceva?”.
E mentre ancora il tuo riflesso si deve spannare, benedici i suoi tacchi che non ci sono piu’. Perche’ in questo bagno la cosa piu’ funzionale rimane la scarpiera – nata dall’esigenza (sua) di riporli in qualche posto in maniera ordinata. E’ anche l’unica cosa che pare rimanere intaccata dalla tua entropia, che se passi, si nota – Incredibile.
Prendi il cappotto, ancora insoddisfatta dalla tua mise vista solo per 3/4 e realizzi che nemmeno hai modo di appurare se staresti meglio con o faresti meglio ad uscire senza. Un selfie, forse?
Fai un’offerta al dio della tavoletta della tazza che rimane giu’ (una volta deve essere passato pure da qui, ma sono inutili i tentativi di rievocarlo cercando di farlo sentire a suo agio) – “magari mi salva lui”.
Sfili in corridoio, (chissa’ che i muri ogni tanto non possano parlare – o dare suggerimenti), e con la mano sulla maniglia, e la porta gia’ mezza aperta pensi “ma alla fine chisse”.
Infine giri la testa, saluti l’oste che rimane, sorridi e prima di scomparire gli rifili un:
“Ma come cavolo faceva a prepararsi, in questa casa, C.?” (Colei Che Chiami Ex).
“C’era uno specchio dietro la porta, se l’e’ portato via”.
Questi sono i momenti in cui si patteggia per le CCCE, i momenti in cui senti che puoi voler loro bene, a prescindere, perche’ noi donne siamo lungimiranti ed abbiamo sempre ragione.
Pero’, ti dici, avrebbe potuto portarsi via anche i pavimenti… gia che c’era.

Universale

Sta con noi da sempre, che sia celebrata, udita, taciuta, o nascosta; e proviene chissà, forse dai nostri ombelichi, forse da una qualche regione dell’anima che ci porta all’essenza. La nostra Vera Voce. E quella dell’Universo. A proposito di come la trattiamo: questo weekend passato mi ha aiutata a far sedimentare un concetto su cui mi è stato offerto di riflettere, che si riassume con “Io sono io e tu sei tu”, lezione che sto imparando a fare mia. Lezione importante che riporta alle preziose boundaries, a mettere i famosi paletti. E mi insegna non che ce la posso fare, perché questo lo so, bensì che ce la faccio. Mi sprona a stare nel presente dove tutto è come deve, e avviene per un motivo. Mi fa “scontrare” con pensieri pure contraddittori quando davanti a Giordano, e ai suoi profondi occhi neri neri, finisco per dirmi che, ugualmente, “siamo tutti Uno”. Lo guardo imbambolata e non so perché sono così mesmerizzata dal suo volto. Ma so che li, in quell’esatto luogo-non-luogo, io MI TROVO. Questo weekend mi ha fatto soffermare sulla legge dei momenti che chiamo “Universali”. Il telefono ha squillato, di una chiamata persa. Ce ne siamo accorti dopo, quando già ci stavano dirigendo al bar. “Richiamo dopo” dicono, “No, Richiama subito” e “dai, che non si sa mai” incalzo io. E ho insistito perché quella vocina era lì a dirmi “hey non ignorarmi su – c’è qualcosa che sta per succedere”. Quella vocina che ci dice forte “ascoltami” e che non ti spieghi. Ma che ha sempre ragione. E così mi sono ritrovata a colazione con una persona nuova, ma di cui ho sentito parlare così spesso che è come se già conoscessi. “Sapevo che il momento sarebbe arrivato quando fosse arrivato il momento” mi dice. So che la realtà che creiamo coi nostri pensieri, e l’Universo che ci danza attorno e in mille modi ci culla, ci sono – dico a me stessa. Non era in piano, non nel mio, non nel suo, non nel loro. Ma del momento in cui tutto è, quello si. Ho aperitivato con un’amica che credo non vedessi almeno da due anni. Ho riflettuto su come ci siano certi luoghi che funzionano simile ai magneti, a cui un frammento di nostri momenti e incontri sembrano inevitabilmente ruotare attorno, anche a distanza di anni, anche in contesti diversi, ed è forse per questo che non ne riusciamo a cogliere “il filo logico”. Solo un comune denominatore che un qualche innamora sgrammaticato ha voluto esprimere così su un muro “Rimanerai eterna dentro me”. Rimanerai. E a poco a poco le persone importanti delle persone che per noi importanti lo diventano col tempo iniziano a tramutarsi in comparse della nostra realtà. Ho stretto la mano a Stefano, e anche questo non era previsto. Ho ricevuto abbracci, quelli belli, quelli veri, che smuovono aura.E sono persino stata costretta a affrontare una parte assolutamente nuova di me quando d’improvviso ho avuto un attimo di smarrimento perché si era spenta una luce. Ma la Luce è accesa, come questo sole che mi porto a dietro, come i colori delle spezie prese da regalare, come la carica che mi sento dentro, come la voglia di andare avanti. A meritarmi tutto.