Vince chi molla


“Lascio andare il destino,
tutti i miei attaccamenti (…)
Per ogni tipo di viaggio,
meglio avere un bagaglio leggero (…)
Cerco di non trattenere piu’ nulla
lascio tutto fluire.
La salvezza non si controlla,
vince chi molla.”
(Niccolo’ Fabi – Vince chi molla)


Oggi mi sento cosi’.
E’ da un secolo e mezzo che non scrivo che ultimamente la mia vita mi sembra una centrifuga che non smette, c’e’ sempre qualcosa a cui pensare, da fare, da andare.
E’ da un secolo e mezzo che mi pare di non fermarmi, ma anche quando sono ferma non lo sono abbastanza.
Credo che sia un po’ parte della natura umana, del quotidiano, dell’andare come un criceto su una ruota.

A volte c’e’ solo bisogno di rallentare, respirare, e guardare le cose ‘dal fuori’.
E a volte poi in realta’ sarebbe quasi tutti i giorni.
Certi giorni lo sai e te lo imponi, certi altri e’ un nudge che ti arriva da altrove.
Oggi e’ capitato cosi’ – ho letto le prime pagine di un libro che uscirà presto in anteprima, e c’era una citazione:

“In mezzo c’è tutto il resto / e tutto il resto è giorno dopo giorno / e giorno dopo giorno è silenziosamente costruire / e costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione”.

Che e’ un pezzo di testo di una mia canzone preferita (“Costruire” Niccolo’ Fabi) forse addirittura LA preferita. A cui non penso spesso, perche’ generalmente ascolto altra roba, ma che quando la sento mi mette su una lunghezza d’onda che.
La canzone inizia con un abbinamento gioia / partenza e molto spesso, molto, nella mia vita io mi sono sentita cosi’. A chi non piacciono gli inizi, quando tutto e’ nuovo, sorpresa, primavera… Ma.
Ma viviamo anche di “tutto il resto” e non voglio fare la parafrasi a Niccolo’, vi invito semplicemente, se siete curiosi, ad ascoltare la canzone.
Poi sono andata in un loop, e ho tirato fuori le sue “mie canzoni”. Mi hanno fatto fermare.
Mi hanno fatto ricordare che “l’oro si aspetta” e che il negozio di antiquariato dentro ognuno di noi, cosi’ come un po’ il dolce fanciullino di Pascoli, andrebbe custodito sempre (Il Negozio di Antiquariato, sempre Fabi).
Mi han fatto ricordare che vivo su un’isola, che a volte ‘e’ la cura del tempo’, e che per le volte che mi e’ stata ‘solo isolamento’ e’ stata sempre perdonata (La Cura Del Tempo, sempre lui)..
Mi ha fatto chiedere “cosa ho fatto PER ME STESSA in questo ultimo mese, due, tre?”.
Abbiamo cosi’ tante cose attorno, alcune che non vorremmo affatto, molte delle quali che non possiamo affatto controllare. Altre che vorremmo tutti i giorni e ci teniamo strette. A volte, e non credo sia egoismo, dobbiamo pensare soltanto a NOI. Se stiamo bene noi possiamo prenderci cura degli altri. L’ho sentito ripetere settimana scorsa persino in una riunione del lavoro, e anche li mi sono fermata.
Mi sto prendendo cura di me stessa? Si. Sto facendo abbastanza? Potrei fare un pochetto di piu’.
Quel pochetto di piu’ include una lunga chiacchierata con ‘uno del mestiere’.
Io sono una forte sostenitrice della salute mentale, e sono convinta, e vi dico convinta, che dallo psicologo ci dovremmo andare tutti, ogni tanto, per fare il punto della situazione, per vederci “dal fuori”, per avere dei mezzi per osservarci e stare bene.
Allora ho preso un appuntamento.
Perche’ e’ da tanto che non lo faccio.
Perche’ prima c’era il mio mondo rivoltato dalla ‘scomparsa’ di mamma, poi c’era il mondo rivoltato dalla fine di un amore, poi c’era il mondo del figliolo rivoltato da quella fine, la rabbia immensa iniziale e il dovere trovare mezzi per conviverci, e sebbene siano tutte cose che hanno fatto / fanno parte di me… era sempre un po’ anche pensare agli altri. Ma io?

Allora io mi fermo, decido di fermarmi qui.
Decido che ‘del doman non v’e’ certezza’, e che devo smettere di pre-occuparmi.
Lascio andare.
Con sottofondo Niccolo’. Con una canzone che a me piu’ che una canzone pare una preghiera.
Che forse un giorno riuscirò andare a vedere dal vivo.
Chissa’ se il 28 Maggio e’ fattibile. Chissa’.

PS tra le tante cose attorno che non vorrei avere sono certi fatti e certi commenti riassunti con un “il traghetto non si puo’ fare” dalla nostra premier, sentiti alla tv mentre ero in Italia..
per questo genere di pensieri ho due contropensieri:
a. guardare “The Swimmers” , che consiglio a tutti e non solo alla nostra premier
b. ascoltare “Io sono l’altro” (sempre e ancora di Niccolo’)



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Il libro di Alice

Un giorno , qualche anno fa, su questo blog conobbi virtualmente una donna.

Aveva un libro da scrivere.

Un giorno, molti anni fa, conobbi virtualmente un ragazzo.

Avevo una tesi da scrivere.

Un professore mi aveva detto “sai c’è questa persona che ha fatto una tesi simile alla tua, prova a sentirlo, è in gamba sono sicuro ti darà una mano”.

Non c’erano i social, whatsapp, Facebook etc etc. C’era Libero mail. E Libero mail ci ha fatto diventare prima ‘collaboratori’ poi amici di ‘penna’. Non ci siamo mai incontrati di persona, se non, casualmente, un paietto di anni fa. Tipo quasi vent’anni dopo quelle email.

Io sono un po’ fatalista e ammiro sempre Signora Vita per come fa incontrare le persone. E non mi stupisco di come le parole, queste maledette bellissime parole, possano fare avvicinare persone, altrimenti distanti in luoghi fisici. Alice è diventata una cara amica di blog, abbiamo iniziato a chiacchierare pure al telefono e a raccontarci. Tifo per il suo libro a prescindere, ma tifo per il suo libro pure perché sempre Signora Vita mi ha insegnato che siamo tutti connessi anche se non lo sappiamo.

Dunque mentre diventavo ‘sua amica’ lei scriveva e mentre scriveva cercava un editore e mentre cercava un editore io le ho buttato lì un “ma perché non contatti….” e ho mandato una mail a lui con lei in copia. Cosi quel ragazzo che un giorno mi aiutò senza avermi mai incontrata di persona a costruire un pezzo della mia tesi, ora uomo, senza averla mai incontrata di persona ha ricevuto la sua bozza, l’ha girata a chi di dovere e le ha impaginato il libro. Come vi spiega meglio lei: Manca solo la copertina..

Potrei far mille domande, chiedere una sbirciatina, sapere come va ma no. Me ne sto nel mio angolino in attesa di averlo tra le mani. E anche se io proprio non ho fatto un bel niente quel libro lo sento un po’ pure mio.

E considerando che sono state le parole a farci incontrare, questa storia che si è costruita attraverso parole a distanza di Cork – Bologna – Roma, senza esserci mai visti assieme nello stesso luogo, mi sembra pure anche romantica. Di quel romantico bello, del mio romantico che l’amore conta, di quella cosa fatta di etere che incontra e unisce anime che mai avresti immaginato, di quei legami che si creano così e poi crescono e hanno vita loro e tu non sai. Non sai come dove quando e perché davvero. Ma ti piace pensare che il tuo libero arbitrio qui entri ben poco, e che certi incroci sono più che altro destino.

Sarò una sognatrice.

E non vedo l’ora di avere quel libro in mano.

Perche’ Sanremo e’ Santo e rincuora

Riinizia la stagione.
Io ho deciso di non guardare, ma ogni tanto leggo gli spetegules.
Sulla bocca di tutti c’e’ il ragazzino che l’anno scorso cantava col Mammut, che, preso da un ego incontrollabile, ha voluto, nella città per eccellenza dei fiori, far sapere che era lui il vero re e distruggerli tutti.
E poi ci sono, come sempre, gli abiti.
E questo che proprio non mi piace.
Ma mi piace l’orgoglio che si fa voce tra le solite paranoie.
“Quando non vi piacete guardate come si vestono, a volte, le influencer”.
Se puo’ lei, possiamo in tante. E potrei pure io.
E allora, come sembra avere detto lei, bastiamoci, e diamoci una pacca sulle spalle per tutto quello che siamo.
Ma anche che non siamo.
Insomma, Chiara, mi dispiace, ma in un vestito cosi’ io ci preferivo Jessica Rabbit.
Fossi un maschio, sarei un maschio odiato da tutte le taglie limoncello come me.
Ma per mia fortuna non esistono solo quelli.
Amen.

Le Spunte Blu

In questo mondo frenetico la gente crede che poiché ormai esistono i telefonini tu debba essere reperibile 29/24, e dico 29. E se sanno che leggi i loro messaggi pretendono una risposta immediata, se non rispondi subito si arrogano il diritto di diventare il tuo centro del mondo “mi hai risposto solo dopo 5024 secondi”.

Ora io dico, ma quando c’era solo il telefono fisso, se eri fuori non rispondevi, se eri a tavola prima di alzarti finivi di mangiare, se dormivi dormivi se eri a goderti una vacanza eri a goderti una vacanza. Non esisteva il phobbing ed eravamo tutti felici e contenti.

E qui c’è il fuori gioco delle spunte blu: yeahyy io le ho tolte, così come ho tolto “ultimo accesso ore”. È una liberazione, ed è reciproca. Voi non vedete quando io leggo, ma io non vedo quando lo fate voi. So che se volete rispondermi e avete tempo di farlo lo farete. Prima o poi. Che lèggiate ora o tra tre mesi, se è una cosa assolutamente urgente vi chiamerò. Se non vi trovo riproverò. Potete fare lo stesso.

Sono così supporter di sta cosa che recentemente l’ho suggerita ad un’amica che sta vivendo una specie di flirt con un ragazzino di una generazione più avanti a cui pare piaccia proprio tanto chattare, ma tanto tanto. Ma tanto talmente tanto che sa fare solo quello, quando l’occasione di concretizzare si presenta, lui sparisce. Perché il sesso “quello vero” ormai fa solo paura.

Lei ha tolto le spunte blu e lui si è improvvisamente impanicato perché non la può più “controllare” o sapere se e quando legge le sue advances. Le ha rimproverato di generare solo spunte grigie, come fosse un peccato capitale.

Quando me l’ha raccontato, io ho sorriso – bastava poco per stroncarlo. Ho sorriso fiera di fare parte “di una generazione” che sa ancora quanto è bello scoprire i profumi che in chat non passano. Ho sorriso perché mi è venuto da dirle “ah, sti ragazzini … non li possiamo davvero capire, siamo troppo vecchie”. E ho sorriso perché, appena finita la chiamata con lei, in aereoporto hanno passato i Toto, e siccome sono abbastanza vecchia ho riconosciuto “Africa” e mi sono messa a cantare “hurry boy, she’s waiting there for you”.

Volare ohohh

Sono stata latitante, lo so.

Non è stata una pausa premeditata, ma è successo.

Stasera è l’ora di un altro viaggio, per tornare, in un’altra casa.

Che vista dal fuori la mia vita fa così

Settimana a – la settimana di mamma, o da mamma. La settimana in cui tutto l’incredibile è. Perché ci pensate mai, donne? Questi esseri, questi personaggi del mondo, questi che ci amano, ci solleticano, ci snobbano perché sono pre teen, ci fanno gioire, ci fanno sclerare LI ABBIAMO BUTTATI FUORI NOI. Possiamo anche averli concepiti con uno, oh, ma l’uno si è beccato il pezzo di origine divertente. La fatica di buttare fuori una testa, una testa intera, con un corpo intero attaccato, l’abbiamo fatta noi. Diamocene atto. Il maschio non lo saprà mai che si può provare. E anche se lui ha la man flue è un peccato, perché si perde un atto tanto straziante quanto indescrivibile. “Da sturbo”, come direbbe qualcuno.

Settimana b – arriva il giovedì. Si porta il pupo a scuola, si va in ufficio, si torna dall’ufficio e si lavora ancora. Perché dopo una settimana a casa con lui, le maratone la mattina, i giochi fatti, il quality time, i suoi salti sul divano, i cuscini per terra etc casa mia si trasforma in una lavatrice gigante: dove è stata fatta la centrifuga ma i panni ancora non sono stesi e al loro posto. In senso largo. E uno vorrebbe rimandare tutto al domani, ma il domani è il venerdi, il venerdì da single per la precisione.

Nel venerdì da single succedono due cose: o arrivano ospiti o diventi ospite.

Nel primo caso il giovedì serve per fare in modo che il frigo abbia qualche parvenza di cibo e che il pavimento sia calpestabile. Voi avete mai provato a inciampare su un lego? Ecco. L’ospite mi dice sempre di non preoccuparmi, che viene per stare con me, chisse della casa in ordine. È una cosa che dico anche io, sempre, perché ci credo con tutto il cuore, solo che quando tocca a me non riesco a metterla in pratica. Dunque pulisco. Le amiche mi dicono che gli ospiti regolari, beh, “ormai sono così tanto regular che per carità per piacere, stasera non fare nulla vai a letto e riposa”. Io ci provo ma poi mi sento in colpa. Mi sdraio e mi rialzo. Mi stresso di inquietudine Brianzola, che non ti molla mai nemmeno dopo mille anni che vivi all’estero. A cui sto cercando di rimediare e magari non è a livello 100 come una volta, ma rimane.

Nel secondo caso il giovedì serve per fare una borsa, buttarci due vestiti, fare mente locale delle cose che ormai stanno in pianta fissa in un cassetto di una casa altra, e ricordarsi che lo spazzolino non ti serve, e che quando hai uno spazzolino tuo in una casa altrui, sei fregata, la pacchia è finita, its over, baby. Per illuderti del contrario continui a fare una borsa, continui a dire “dovrei andare a far shopping e lasciare certe cose qua” e poi non lo fai mai. Perché hai mille cose più preziose da fare, e per tenerti una scusa. E il giovedì serve anche è ancora per pulire, perché altrimenti il mercoledì dopo, quando sarai di nuovo a casa tua, rientrando, inciamperesti nel lego. Voi avete mai provato a inciampare nel lego? Ecco.

Nella settimana x, che ogni tanto capita ancora, ci sono le amiche. Le amiche che vengono a trovarti da the big smoke e che rimangono per il weekend, le amiche con cui chiacchieri, sorseggi the e mangi dolcini, con cui parli fino alle tre di notte in sembianze di pigiama party, le amiche che sono la famiglia che ti sei costruita abroad. E, quando capita, se riesci a farlo capitare, perché manco fossimo vippe alla corte regale, le amiche mamme, quelle con cui esci davanti a un cocktail a prendere una boccata d’aria dal ruolo genitrice. E siccome tu non sei una bevitrice succede che tornare a casa alle due con due intrugli in pancia ti rende una buffa creatura spaced out, che il giorno dopo se la dorme, ed è già lunedì.

Nella settimana y, che ogni tanto capita, come questa dopotutto, torni al paesello, a volte toccata e fuga, a volte respirando un po’ di più …

Insomma, non mi ricordo l’ultimo weekend che ho passato da sola con Gatto, non conto più quanti aerei prendo in un anno, non mi ricordo l’ultima volta che non ho volato per almeno due mesi di fila. Anzi, me lo ricordo, era Coviddi. E sebbene Coviddi ci abbia reso tutti molto resilient ed allenati alla solitudine forzata, non è certo un periodo che rivorrei indietro.

In fondo come diceva un vecchio buon cantante “non ti puoi spegnere, non ha mai avuto tempo, devi troppo vivere”.

E Ryanair di nuovo sia.

Improvvisamente

Improvvisamente non ci sono più 18 gradi,

La portinaia che saluto senza che ci abbiano mai presentate,

Il balcone della casa di S. che non sono riuscita a salutare perché era in vacanza in Sardegna ,

Il sassofono dell’interno accanto su cui F. Sta imparando le scale. È diventato bravo, è un piacere averlo di sottofondo durante la cena,

I condizionatori brutti brutti alle pareti affacciandosi sul cortile interno,

Lo scorcio della Basilica bella bella che si scruta mentre bevo il caffè,

Le fiotte di gente che si accalcano per le vie del centro.

C’è la pioggia che batte sui vetri, l’albero non ancora smontato, il gatto accoccolato su un plaid a me accanto, i doni della Befana che aspettano domani per essere trovati.

Improvvisamente è Casa.

La Befana

La sottoscritta Befana ha dovuto prendere un giorno di ferie, perché oggi, nell’Isola, non è mica festa.

Sta tornando dal suo piccolo preferito con, nell’ordine:

A. Un pacco di Pan Di Stelle (perché gli piacciono, eccome, ma nell’Isola non sempre sono semplici da recuperare).

B. Una Mela Stregata. Perché non c’è Befana Rinascimentale che non porti con orgoglio un dono dal mercato della Befana di Piazza Navona.

C e D. Un pacchetto di big Babol e uno di fizzy pazzy, cimeli dolciari d’infanzia della Befana, che sempre nell’Isola non si trovano e che con euforia nonsense nostalgica lei dice “dovrà provare una volta a fare dei palloni veri, e poi anche se una cosa frizzantina a casa si trova, queste colorano la lingua”. Potrebbe autoregolarsi la calza.

E. Una calza della Befana, che le è stata regalata, per ricordarle che è la sua festa pure. Ma che condividerà col piccolo suo molto volentieri perché gli piace lo stesso cioccolato.

F. Diciottomila chili in più composti da cinghiale, salumi di cinghiale, lardo, ma l’amorevole leggerezza di una che è appena stata in vacanza.

Sta tornando con un aereo, perché la scopa non è ancora collaudata per viaggi oltreoceano.

E non vede l’ora di essere a casa, dal suo pargolo fortunato che è tra quelli che nell’Isola hanno una tradizione importata, dunque una festa in più tramutatasi negli anni in una osservazione di tutto punto “ma perché ‘The La Befana” (così la chiama lui) va solo dai bambini Italiani, e come fa a sapere dove stanno?”.

Non credo abbia mai risposto in maniera completa. Ma nella tradizione ho inventato una tradizione mia. La notte del 5 Gennaio appendiamo una Befanina fuori dalla porta “così sa dove andare”. La mattina del 6 La Befanina arriva ai piedi del letto, con tutto quello che porta.

La Befanina è una Befana / calza tutta verde di stoffa ma con la faccia di plastica che ho da anni e anni, me l’aveva regalata mia nonna. E che custodisco preziosamente, uno dei pochi oggetti “suoi” che mi rimane. Ed è un incentivo, per me, a continuare a guardare il futuro dipingendolo dei ricordi preziosi che ho della mia infanzia. E del mio essere, comunque e inequivocabilmente, una Stivalana.

Che oggi non vede l’ora di essere a casa. Perché più che Natale “The La Befana” è una cosa tutta tra me e lui.

Buona Epifania a tutti.

Il funerale del Papa

“Non so quando,
ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze,
porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa,
proprio quando il potere si illuderà di avere vinto.”


Alla faccia di Papa Clemente VII, che nel 1600 decise di sbarazzarsene con un bel fuocherello, nella terra per eccellenza dei Papi, lui sta.
Mentre fiotte di fedeli, a una manciata di chilometri. si mettono in coda a salutare Benedetto XVI e si preparano al suo funerale, io il mio personale pellegrinaggio lo faccio qui.
Che non so quali poteri magnetici abbia questa statua, non lo so. Ma e’ una calamita, batte pure la Fontano Di Trevi. Quella la adoro, ma qui adoro io.
Bruno diceva che l’anima non muore … magari la sua essenza e’ ancora li, a ricordarci per sempre quanto sia importante la libertà di pensiero.

Io al funerale del papa non ho tentato di andare, avrei potuto accalcarmi tra i cinquantamila fedeli. Gia’ che sto qui… ma ero sicura che Ratzinger non avesse bisogno del mio saluto, o delle mie preghiere.
Sara’ finito certamente felice nel suo Paradiso perche’ di sicuro ci sono molte cose buone che la sua chiesa ha fatto, e per tutte le cose un po’ meno pulite, le cose nascoste (e non metterti ancora a parlarci dei bambini di Tuam, suvvia, o degli altri bambini che non ve lo devo stare a dire, e dei preti che non ci voglio nemmeno pensare che hanno spostato ma non bandito dall’ordine… etc etc) nel suo Stato nessuno sembra pagare davvero mai. Non si fa di tutta l’erba un fascio, vero, ma …

Giordano invece ce l’hanno bruciato, vivo, VIVO, come troppi ‘maghi’, ‘streghe’, ‘Eretici’.
Lui si che ha pagato.
Non gli hanno mai chiesto scusa (hanno mai davvero chiesto ‘Scusa’ per qualcosa credendoci?).
Non ci hanno chiesto scusa.
Pero’, c’e’ un grande pero’: non sono mai riusciti a farlo davvero sparire dalla circolazione.
Rimane. Forte.
E rimangono quelli come me, che a Campo De’ Fiori non vanno a fare i turisti.
Noi ascoltiamo. A modo nostro, sempre.

PS. Un aneddoto: per quanto possa ammirare Giordano, io se muoio le ceneri le voglio sparse nel mare e non nel Tevere. Pure se mi bruciano. Questo sappiatelo.

Buon anno parte tre.

“Chiara”

In una gita di ‘saluto agli anni’ tra bellissimi paesaggi scavati nel tufo, passeggiando in vicoletti ciottolati della Maremma, attraversando tre regioni in meno di due ore, sulle tracce di antenati Etruschi, imbattendomi in chiesette e chiese sparse qua e la’ ho festeggiato il cambio di calendario.
Nel qua e la’ ci sono pure entrata, perche’ una che dice sempre che l’Amore conta comprende che per tanta gente l’Amore che conta sta pure li’. A modo suo.
Ci sono entrata, perche’ anche se non credo che Gesù sia nato da uno spirito, o che sia davvero morto “per noi” credo che fosse un uomo, che cercava di insegnare qualcosa di molto buono, quello sicuro.
Ci sono entrata, col naso all’insù guardando i suoi ritratti di infanzia o quelli sulla croce, perche’ altre foto della sua vita ‘di mezzo’ non se ne trovano mai. E’ noto che di cosa abbia fatto allora non si sa quasi nulla.
‘All’eta’ in cui lui lasciava la sua gente, io partorivo’ ho pensato vedendolo nella posa piu’ famosa …. alla mia eta’, credendo in un Paradiso, era gia’ li’ a festeggiare per l’eternità.
In Umbria, leggendo del Sacro Corporale, scopro che studi con luci ultraviolette sostengono che non possa essere morto dissanguato, ma che cio’ che l’ha ucciso e’ un infarto.
Ci sono entrata un po’ dicendo tra me e me “eh lo so…. sono ancora qui, non dovrei forse essere qui, ma qui mi becchi”. Come se mi potesse in qualche modo sentire.
Ci sono entrata perche’ aria, acqua, terra, fuoco, sono per me simboli e archetipi troppo forti che non appartengono solo ad una specifica idea, e mi incuriosisce cercare le somiglianze.

Ci sono entrata, soprattutto, per l’arte, e resto sempre ammaliata da tutta la bellezza che i nostri antenati riuscivano a metter una volta nei luoghi sacri. Come ad Orvieto, dove la facciata principale del duomo e’ ricoperta da una vastita’ di personaggi e storie scolpite nel marmo. Tutte a mano.
Ci sono entrata, coi miei sospetti e le mie preghiere, e con la mia parte sempre cinica che all’ennesimo calice e tabernacolo in bella vista completamente ricoperto d’oro, ha detto ad alta voce:

“Ma tutto sto oro…… ma gli serve davvero?”
“Serve a celebrare e rispecchiare la grandezza del Signore”
“Ma Gesù e’ nato povero. Non potevano costruiti tutti in legno?”
“Ecco, arriva la Francescana”
“Beh, San Francesco aveva ragione…”
“Esatto, e secondo te perche’ stava cosi antipatico a tanti?”

Mi sono detta che, a proposito, forse dovrei guardare “Chiara” che chissa’ se e’ ancora nei cinema, o se si riesce a trovare in streaming…..
(Qualcuno di voi l’ha visto? Vale la pena? Non sono una super fan di musical…. e gia’ ho visto Matilda col figliolo al cinema, ma ammetto, quello mi ha divertita tantissimo).

Ho acceso una candela, per tutte le Luci in cui credo io, scambiando un lumino per cinque cent.
Perche’ ‘la mia non religione’ mi ha insegnato che e’ importante celebrare lo scambio, ma avessi lasciato una piuma, o un fiore di campo raccolto, li’ non sarebbero stati troppo contenti, ho immaginato.
Non ho acceso un lumino dove per farlo un foglio scocciato sul legno con scritta blu diceva in bella vista “1 Euro”. La mia parte cinica sempre. Preferisco di gran lunga moltiplicare quell’ Euro e farci una spesa sospesa, che e’ una iniziativa di cui non sapevo nulla fino ai giorni scorsi, ma che mi e’ subito sembrata una bella bellissima cosa.

Ho infine pensato, davanti a un’icona che comunque rappresenta un’atto di Amore, che se dobbiamo imparare una cosa dall’Amore, e’ che l’Amore e’ una cosa semplice, e che la ricchezza vera sta sempre nel saper donare senza aspettarsi nulla in cambio.

Poi ho smesso di pensare, ed ho semplicemente ‘sentito’.
Felice di essere li, di avere passato quei giorni in dei luoghi che ho trovato delle piccole gemme.
Tra quel 2022 che avevo appena salutato, e questo 2023 che ha appena salutato tutti noi.
“Sono qui”.

Buon anno!

127 mesi

Siamo stati assieme quattordici giorni di fila. Non capita spesso, anzi capita molto raramente, che abbiamo sempre questo tempo a metà dal giovedì al giovedì… sei andato via da casa ieri sera e ora manchi ed è una mancanza un po’ più straziante del solito. Perché sono stati giorni pieni, giorni senza scuola, senza lavoro con tanto tantissimo bellissimo tempo per noi. E stai crescendo e sono felice e allo stesso tempo commossa di come mi sorprendi e come mi sorprendo con te. Sei un testone uguale a me, sei stra sensibile, curioso, fai mille domande e mille ragionamenti acuti. Ma la vedo, la rabbia che è scivolata via. “La fatica” che hai fatto e che ho fatto all’inizio della nostra nuova vita io e te. Quella brutta bestia che rendeva tutto nero. E quando te ne andavi io passavo tutto il mio tempo a cercare, studiare, parlare “con quelli del mestiere” e l’unica cosa che ne usciva sempre era: ci vuole tanta tanta pazienza, non darti colpe che non hai, e continua continua così non mollare che stai facendo un buon lavoro, vedrai … “sei una brava mamma”. E io dicevo “si però … lui sta male”. “Ci vuole tanta pazienza, e tanto tanto amore”. E ora siamo qui. Due anni dopo. Con te che d’improvviso non è più una lotta, che mi ascolti tranquillo (ancora per poco, immagino, perché tra poco arriva l’adolescenza) che mi racconti tutto come hai sempre fatto e che è forse una delle cose che mi rende più fiera dell’ “avere continuato così”. Quelli che ti conoscono notano questa serenità che ora ti avvolge, “è molto bello vederlo così, finalmente”, quelli che non ti conoscono davvero, quando ti vedono vedono una punta di un iceberg. E per alcuni, che ti vogliono bene ma ti vivono “a distanza” non sempre è la punta che si aspettano, come fosse una cosa dovuta. E arrivano i teatrini su “il bambino che vorrei”, “i genitori di oggi sono dei mollaccioni che viziano solo i figli”, “due ceffoni e via”, “ste cose le fa solo con te”. A proposito dei “solo con te”, la psicologia ritiene che “il solo con te” indichi che il bambino è nel suo porto sicuro, dove può liberamente esprimere se stesso. Quindi io la interpreterei più come una grossa responsabilità, a volte dura ma alla fine molto gratificante, piuttosto che una colpa … ma questo è per un altro post. Riassumendo: i genitori di oggi zero in condotta.

I genitori di oggi … Ogni genitore che ama il proprio figlio, io credo, cerca di dare quello ritiene sia il proprio meglio con i mezzi che ha. E a volte possiamo pure avere lo stesso set di mezzi, ma sceglierne alcuni piuttosto che altri in base ai nostri valori. Ciò non ci rende migliori o peggiori di altri (sempre che i valori diversi non siano quelli di madre e padre dell’essere, che allora c’è il clash dei giganti), ci rende solo diversi. La diversità ci rende in qualche modo unici, perché ogni genitore-figlio è un sistema a se’. Possiamo non condividere certi principi, certo, avere le nostre opinioni, ma c’è una differenza abissale tra un consiglio chiesto e/o un suggerimento offerto e l’arroganza di un “si fa così”. E soprattutto è il genitore che fa il genitore, gli altri non possono pretendere di prendere il suo posto …. Quando le critiche arrivano da chi ti ha tirato su io mi dico “vuol dire che nemmeno voi avete fatto un buon lavoro con noi, che siamo il frutto della vostra educazione”. Ed è una situazione a quanto pare molto comune, pare che nonni e genitori non siano quasi mai d’accordo. Pare che la generazione dei nostri genitori sia cresciuta a pane e militare e convinta che quelli con i figli nati negli anni duemila siano dei bamboccioni inutili. Convinti che farebbero meglio loro e che noi comunque stiamo sbagliando a prescindere, come se fosse una gara. Ma loro hanno già avuto la propria chance… tocca a noi!!! Se le lamentele poi arrivano da chi figli non ne ha, che criticano i genitori che hanno avuto, ma replicherebbero le stesse regole base, non sai se aggregarti al coro di chi risponde “ma che ne sanno loro” o ordinargli in Amazon “grown YOUR OWN baby” così da poterli osservare mentre generano l’entità perfetta del futuro. Da manuale.

Magari, con quelli prima di noi, si tratta solo di una inevitabile differenza generazionale. Forse mi lamenterò anche io quando ti vedrò col nipote che già da ora mi dici che non avrò mai (“non voglio una fidanzata ne una moglie e dunque no eredi” dici divertito). Anche se spero proprio di no.

Ma ora non importa, importa la fiducia, il bene e tutto quello che abbiamo costruito.

Ti auguro che il prossimo anno ti doni un altro enorme carico di pace e ci porti un altro sacco gigante di nuove gioie assieme.

Ti amo immensamente piccolo non più piccolo mio.

Grazie per questi 127 mesi, quasi 128, di vita con te.